Aprile 2012 - Benedetto stampo
Non ho mai scritto un racconto sulla cucina. Eppure ci abito da oltre 35 anni. Ho passato più tempo con i fornelli e i
mestoli che con me stesso. Ho amato ed amo moltissimo questo lavoro ma ho
sempre detto che la mia vera passione è stata ed è ancora oggi la “musica”. Una
passione viscerale. Sicuramente , avrei dovuto mettere tutta questa mia
visceralità nella cucina. Forse oggi sarei su tutte le riviste di gastronomia,
ma , cosa ci posso fare se ho sempre voluto scrivere di musica anziché di
cucina. Entrambe mi hanno scelto ed io ho scelto loro. Solo che la musica ha
saputo far meglio il suo lavoro. Ha
saputo entrarmi dentro . Con questo non voglio dire che non amo fare quello che
faccio, al contrario. Amo profondamente fare il mio lavoro. Ci sono state
persone come il mio maestro, Ugo, che mi hanno impedito di non amarlo.
Ho sempre pensato alla cucina come ad
una metafora della vita. Mi piace pensare ad essa come al regno delle trasformazioni. Non che nella
vita mi piacciono le trasformazioni o peggio ancora i trasformismi. Anzi odio
chi cambia casacca secondo la convenienza . Dicevo questo solo per quello che la cucina riesce a fare . Infatti
se ci pensiamo bene in cucina il freddo si trasforma in caldo. Il duro in
tenero. Il crudo in cotto. L'insipido in saporito. Il secco in morbido. E
potrei continuare ancora….
Pensare ad elementi che da soli sarebbero cattivi e immangiabili come ad esempio il pepe, il peperoncino , le spezie o le erbe aromatiche, e che acquisteranno senso solo se usati nella giusta misura, rendendo gustosi i cibi che cuciniamo , dovrebbe, solo questo far amare questo lavoro in maniera sconsiderata. Ci sono alcune considerazioni da fare su questo lavoro. Ad esempio , che dovremmo imparare che ogni piatto risulta sempre diverso dagli altri. Unico. Nessun piatto viene mai allo stesso modo . Mai . Potresti farlo milioni di volte ma c’è sempre qualcosa di diverso. Attenzione, non dico più o meno buono, ma “ diverso”. Il fattore ingredienti , rende questo , sempre un grande mistero . Lavorare buoni ingredienti non è , e non può mai essere come i cibi prodotti industrialmente. Se ci avete fatto caso , hanno sempre lo stesso sapore. Anche comprati dopo anni. Sembra incredibile ma è cosi. Nessun piatto, “cucinato” riesce sempre perfettamente allo stesso modo e a ciò bisogna abituarsi . Per il cuoco o per gli amanti della cucina dovrebbe essere la prima regola , proprio come nella vita , ogni giorno è diverso , anche se somiglia a quello passato. Nella vita come in cucina si deve imparare a prendere le cose così come vengono e a cercare di fare meglio la prossima volta, imparando dai propri errori.
Pensare ad elementi che da soli sarebbero cattivi e immangiabili come ad esempio il pepe, il peperoncino , le spezie o le erbe aromatiche, e che acquisteranno senso solo se usati nella giusta misura, rendendo gustosi i cibi che cuciniamo , dovrebbe, solo questo far amare questo lavoro in maniera sconsiderata. Ci sono alcune considerazioni da fare su questo lavoro. Ad esempio , che dovremmo imparare che ogni piatto risulta sempre diverso dagli altri. Unico. Nessun piatto viene mai allo stesso modo . Mai . Potresti farlo milioni di volte ma c’è sempre qualcosa di diverso. Attenzione, non dico più o meno buono, ma “ diverso”. Il fattore ingredienti , rende questo , sempre un grande mistero . Lavorare buoni ingredienti non è , e non può mai essere come i cibi prodotti industrialmente. Se ci avete fatto caso , hanno sempre lo stesso sapore. Anche comprati dopo anni. Sembra incredibile ma è cosi. Nessun piatto, “cucinato” riesce sempre perfettamente allo stesso modo e a ciò bisogna abituarsi . Per il cuoco o per gli amanti della cucina dovrebbe essere la prima regola , proprio come nella vita , ogni giorno è diverso , anche se somiglia a quello passato. Nella vita come in cucina si deve imparare a prendere le cose così come vengono e a cercare di fare meglio la prossima volta, imparando dai propri errori.
Tante sono le sfaccettature di questo mestiere . Un
cuoco , ad esempio deve sapere che lavorare
in una cucina , è come andare a
passeggio ogni giorno con l’adrenalina
fatta a persona , sottobraccio . E che se non la sai dominare , è pressoché impossibile servire i clienti che aspettano
impazientemente seduti in sala . E brutto vederli , poi , addentare i grissini
in bellavista nel cestino sul tavolo . Il
segno, anzi quel segno dovrebbe farti fare pace con la tua adrenalina. Portarla
in una cella frigorifera , magari quella più fredda .Parlarci e sgozzarla se
questo lo rendesse necessario . Per
questo , che dico sempre , che è solo attorno
ai fornelli che si possono osservare le diverse caratteristiche
di personalità di un cuoco : Quello preciso. Quello meticoloso. Quello
creativo . L'ansioso. Il tranquillo. L’egocentrico. Lo sbadato .
L’Ubriaco. Il matto. Il permaloso . Il curioso. Il geloso…..
E' davvero un curioso lavoro questo. Tanto che vorrei davvero
che tutti potessero passare almeno una settimana tra i fornelli di una cucina
di un grande o piccolo ristorante o grande Albergo o cucina ospedaliera o
collettiva o scolastica . Penso che ,
quando andranno a mangiare in un ristorante apprezzerebbero meglio , quello che
addentano prima con gli occhi e poi col palato . Insegnare loro
l’ importanza ed il modo con cui viene offerto un alimento. Il
sentimento e la cura con cui bisogna
prepararlo. E lasciarli a fine
settimana con la capacità nel capire facilmente se un cibo è stato
cucinato in modo sciatto e banale o, al contrario con cura e
attenzione.
Fare le cose col cuore ed entrare in quello delle
persone. Vivere la vita pienamente. Leggere. Ascoltare e fare musica .
Dipingere. Cucinare bene, come le altre
cose appena dette, è un'arte. Ai pochi
corsi di cucina che ho fatto , ho sempre detto che quando ne si sente il
bisogno , ci si dovrebbe ” dedicare
“ un po' di tempo per prepararsi con amore qualche buon piatto anche se
nessuno li mangerà insieme a noi.
Da qualche tempo, la mia cucina si è rivolta verso una
sola direzione . Verso i bambini . Penso che chiunque ha avuto a che fare con
loro , sa che i giochi acquistati nei negozi sono per loro molto meno
interessanti della possibilità di stare in una cucina a sporcarsi con la farina
facendo la pizza o gli gnocchi . O a lavorare la pasta frolla con le formine a
fare i biscotti. Lavorare con loro e fargli prendere coscienza del lavoro che
ci vuole nel cucinare , penso che aiuti per primi i genitori e poi aiuti loro
stessi a prendere dimestichezza con i fornelli per il loro futuro. Capire che
il cibo ha un valore simbolico immenso. Ma che non ci nutriamo solo di cibo ma
anche di affetti.
Ho letto un
libro , alcuni anni fa' , di Irene Frain . Non ricordo il titolo. Ecco , lei diceva
ironicamente :
"Per quanto si sorvegli la vita
come il latte sul fuoco, appena ti distrai un attimo, uscirà subito dallo
stampo".
Ecco, dobbiamo cercare di aiutare i ragazzi dalla loro
infanzia . Sorvegliarli per quanto è possibile. E per quanto è possibile non
lasciare che cada una sola goccia di latte da quel benedetto stampo.
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