venerdì 26 aprile 2013




Aprile 2012 - Benedetto stampo

Non ho mai scritto un racconto sulla cucina. Eppure ci abito da  oltre 35 anni.  Ho passato più tempo con i fornelli e i mestoli che con me stesso. Ho amato ed amo moltissimo questo lavoro ma ho sempre detto che la mia vera passione è stata ed è ancora oggi la “musica”. Una passione viscerale. Sicuramente , avrei dovuto mettere tutta questa mia visceralità nella cucina. Forse oggi sarei su tutte le riviste di gastronomia, ma , cosa ci posso fare se ho sempre voluto scrivere di musica anziché di cucina. Entrambe mi hanno scelto ed io ho scelto loro. Solo che la musica ha saputo far meglio il suo lavoro.  Ha saputo entrarmi dentro . Con questo non voglio dire che non amo fare quello che faccio, al contrario. Amo profondamente fare il mio lavoro. Ci sono state persone come il mio maestro, Ugo, che mi hanno impedito di non amarlo.
Ho sempre pensato alla cucina come ad  una metafora della vita. Mi piace pensare ad essa come al  regno delle trasformazioni. Non che nella vita mi piacciono le trasformazioni o peggio ancora i trasformismi. Anzi odio chi cambia casacca secondo la convenienza . Dicevo questo solo  per quello che la cucina riesce a fare . Infatti se ci pensiamo bene in cucina il freddo si trasforma in caldo. Il duro in tenero. Il crudo in cotto. L'insipido in saporito. Il secco in morbido. E potrei continuare ancora….
Pensare ad  elementi che da soli sarebbero cattivi e immangiabili come ad esempio il pepe, il peperoncino , le spezie o  le erbe aromatiche,  e che acquisteranno senso solo se usati nella giusta misura, rendendo gustosi i cibi che cuciniamo , dovrebbe, solo questo  far amare questo lavoro in maniera sconsiderata. Ci sono alcune considerazioni da fare su questo lavoro. Ad esempio , che  dovremmo imparare che ogni piatto risulta sempre diverso dagli altri. Unico. Nessun piatto viene mai allo stesso modo . Mai . Potresti farlo milioni di volte ma c’è sempre qualcosa di diverso. Attenzione, non dico più o meno buono, ma “ diverso”.  Il fattore ingredienti , rende questo , sempre un grande mistero . Lavorare buoni ingredienti non è ,  e non può mai essere come  i cibi prodotti industrialmente. Se ci avete fatto caso , hanno sempre lo stesso sapore. Anche comprati dopo anni. Sembra incredibile ma è cosi.  Nessun piatto, “cucinato” riesce sempre perfettamente allo stesso modo e a ciò bisogna abituarsi . Per il cuoco o per gli amanti della cucina dovrebbe essere la prima regola , proprio come nella vita , ogni giorno è diverso , anche se somiglia a quello passato.  Nella vita come in cucina si deve imparare a prendere le cose così come vengono e a cercare di fare meglio la prossima volta, imparando dai propri errori.
  
Tante sono le sfaccettature di questo mestiere . Un cuoco , ad esempio deve  sapere che lavorare in una cucina  , è come andare a passeggio ogni giorno con  l’adrenalina fatta a persona , sottobraccio . E che se non la sai dominare , è pressoché  impossibile servire i clienti che aspettano impazientemente seduti in sala . E brutto vederli , poi , addentare i grissini in bellavista nel cestino sul tavolo .  Il segno, anzi quel segno dovrebbe farti fare pace con la tua adrenalina. Portarla in una cella frigorifera , magari quella più fredda .Parlarci e sgozzarla se questo lo rendesse necessario .  Per questo , che dico sempre , che  è solo attorno ai fornelli che si possono osservare le diverse caratteristiche di personalità di un cuoco : Quello preciso. Quello meticoloso. Quello creativo . L'ansioso. Il tranquillo. L’egocentrico. Lo sbadato . L’Ubriaco. Il matto. Il permaloso . Il curioso. Il geloso…..

E' davvero un curioso lavoro questo. Tanto che vorrei davvero che tutti potessero passare almeno una settimana tra i fornelli di una cucina di un grande o piccolo ristorante o grande Albergo o cucina ospedaliera o collettiva o scolastica .  Penso che , quando andranno a mangiare in un ristorante apprezzerebbero meglio , quello che addentano prima con gli occhi e poi col palato . Insegnare loro l’ importanza ed il modo con cui viene offerto un alimento. Il sentimento e la cura  con cui bisogna  prepararlo.  E lasciarli a fine settimana con la capacità nel capire facilmente se un cibo è stato cucinato in modo sciatto e banale o, al contrario con cura e attenzione.

Fare le cose col cuore ed entrare in quello delle persone. Vivere la vita pienamente. Leggere. Ascoltare e fare musica . Dipingere.  Cucinare bene, come le altre cose appena dette,  è un'arte. Ai pochi corsi di cucina che ho fatto , ho sempre detto che quando ne si sente il bisogno ,  ci si dovrebbe ” dedicare “ un po' di tempo per prepararsi con amore qualche buon piatto anche se nessuno li mangerà insieme a noi. 

Da qualche tempo, la mia cucina si è rivolta verso una sola direzione . Verso i bambini . Penso che chiunque ha avuto a che fare con loro , sa che i giochi acquistati nei negozi sono per loro molto meno interessanti della possibilità di stare in una cucina a sporcarsi con la farina facendo la pizza o gli gnocchi . O a lavorare la pasta frolla con le formine a fare i biscotti. Lavorare con loro e fargli prendere coscienza del lavoro che ci vuole nel cucinare , penso che aiuti per primi i genitori e poi aiuti loro stessi a prendere dimestichezza con i fornelli per il loro futuro. Capire che il cibo ha un valore simbolico immenso. Ma che non ci nutriamo solo di cibo ma anche di affetti.

 Ho letto un libro , alcuni anni fa' , di Irene Frain . Non ricordo il titolo. Ecco , lei diceva ironicamente :
"Per quanto si sorvegli la vita come il latte sul fuoco, appena ti distrai un attimo, uscirà subito dallo stampo".

Ecco, dobbiamo cercare di aiutare i ragazzi dalla loro infanzia . Sorvegliarli per quanto è possibile. E per quanto è possibile non lasciare che cada una sola goccia di latte da quel benedetto stampo.

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